La fotografia ha rivoluzionato l’arte nell’Ottocento. Si parte il 7 gennaio 1839. In questa data veniva presentata ufficialmente la scoperta della fotografia all’Accademia delle Scienze di Parigi . Questo è merito di Niépce e Daguerre. Per molti decenni un pregiudizio aleggiò nei confronti della nuova tecnica. Con l’arte si crea, con la fotografia si riproduce solo meccanicamente.
È nota la frase di Paul Gauguin: “Sono entrate le macchine, l’arte è uscita. Sono lontano dal pensare che la fotografia possa esserci utile”. Essa darà invece origine a un nuovo modo di rapportarsi al reale. Molti saranno i pittori che sapranno farne un uso originale.
Fotografia: la mostra alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst (20 ottobre 201 – 2 febbraio 2020 nel Cantone Ticino)
L’intensa esposizione “Arte e arti. Pittura, grafica e fotografia nell’Ottocento” ripercorre le tappe di questa invenzione. Ma anche del suo rapporto con altre forme di “riproduzione”.
La mostra propone un confronto tra fotografie e altre produzioni artistiche. Facilita la comprensione di come l’ Ottocento fu rivoluzionario.
Quanto può influire un’invenzione tecnica sul modo in cui guardiamo il mondo?
Cosa è accaduto alla pittura e alla scultura quando a metà Ottocento la fotografia arriva a sconvolgere il concetto stesso di arte? Cosa ne è dell’opera d’arte “nell’epoca della riproducibilità tecnica”?
Pittori italiani e ticinesi
L’epicentro dello scontro ideologico, è collocato in Francia. Erano gli anni dello sviluppo della pittura en plein air che condusse all’Impressionismo. Intorno al 1830 la foresta di Fontainebleau, attirava un numero crescente di giovani artisti. In questo luogo i pittori disegnavano osservando la natura.
L’esposizione entra quindi nel vivo con una carrellata di opere di artisti attivi tra Arras e Barbizon.
La mostra approfondisce esempi offerti da pittori ticinesi e italiani. Luigi Rossi utilizza, ad esempio, la fotografia quale complemento ideale all’album di schizzi nella costruzione della posa.
Così come Filippo Franzoni fa largo uso della nuova tecnica nella costruzione di autoritratti e paesaggi. Luigi Monteverde inizia addirittura la sua carriera come fotografo. Fra gli artisti italiani saranno proposti lavori di autori che fin dagli inizi dell’Ottocento hanno lavorato con il mezzo fotografico. Tra questi Filippo Carcano, il quale a causa delle “inquadrature” moderne delle sue opere venne accusato dalla critica artistica di un uso “improprio” della fotografia. Domenico Induno, che in alcuni lavori fece dialogare direttamente i personaggi delle sue tele con le fotografie. Federico Faruffini che abbandonò la pittura per aprire uno studio fotografico in via Margutta a Roma. Achille Tominetti, Uberto dell’Orto, Pellizza da Volpedo e Angelo Morbelli, autori che hanno utilizzato la fotografia come importante mezzo di indagine sul vero.
Presenti anche le opere di Mosè Bianchi e Pompeo Mariani. Ed infine Francesco Paolo Michetti per il quale questa ha avuto ruoli ben diversi. Negli anni settanta e venne intesa come un sussidio sostitutivo del modello. Negli anni ottanta e gli anni novanta come strumento conoscitivo di indagine sul vero. Infine diventa, dopo il 1900, espressione autonoma della creatività dell’artista.
La famiglia Vela
La mostra pone attenzione ai tre artisti della famiglia Vela. Ai due scultori – Vincenzo e suo fratello Lorenzo, – ma anche a Spartaco, figlio di Vincenzo, pittore.
Un’apposita sezione serve a documentare tecniche e strumenti. Presenti macchine fotografiche, lastre d’epoca ed altri strumenti.
La mostra si snoda su un binario doppio: una parte di fotografie e una parte di dipinti.
Un tema affascinante, che questa rassegna ha il merito di far scoprire al pubblico.
In catalogo saggi di Matteo Bianchi, Elisabetta Chiodini, Mélanie Lerat e Dominique Horbez.
Consigliamo fortemente questa mostra.
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